Black Hat SEO: tecniche e motivi per starne alla larga

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Black hat SEO: tecniche e motivi per starne alla larga

Black hat SEO, black SEO, SEO black hat. Ci sono tanti modi per definire lo stesso insieme di tecniche manipolatorie che hanno lo scopo di imbrogliare l’algoritmo. O almeno tentano di farlo.

Rischioso? Molto.

Efficace? Non proprio.

Meglio mettere subito in chiaro che, nella nostra visione, non rientrano questo tipo di scorciatoie quindi non ti proporremo mai tecniche di Black Hat SEO. Tuttavia, è bene conoscere anche il lato oscuro della SEO per sapere come comportarsi.

Black Hat SEO: diamo una definizione

Dobbiamo ammettere che il nome è molto suggestivo e intrigante. Attinge direttamente dal cinema western americano in cui il cappello nero (Black Hat) era quello dei cattivi, mentre i buoni indossavano solitamente un luminoso cappello bianco! La collocazione di chi utilizza queste tecniche è quindi già ben chiara.

Con questo termine ci si riferisce infatti a un insieme di tecniche che mirano a migliorare il posizionamento di un sito web in modo illecito, violando quindi le linee guida e le best practices di Google. 

Google è molto chiaro sulle regole che definiscono il funzionamento del suo algoritmo, ma nonostante questo in tanti provano ad aggirarlo mettendo in atto delle scorciatoie. Ed è anche molto chiaro sulle conseguenze in cui potresti incorrere se violi tali regole. Utilizzare tecniche di Black SEO espone dunque il tuo sito al rischio di penalizzazioni che possono essere anche molto pesanti.

Black Hat SEO: le tecniche più diffuse

Sicuramente il fascino del proibito contagia un po’ tutti.

Senza contare che l’essere umano è per sua natura incline a prendere scorciatoie che gli permettano di fare meno fatica possibile per raggiungere un risultato. Questo evidentemente vale anche per il posizionamento SEO.

Vediamo quindi alcune delle tecniche di Black Hat SEO più diffuse. Alcune sono ormai in disuso da qualche anno perché l’algoritmo si è raffinato ed è in grado di riconoscerle, altre invece continuano ad essere tentate.

  • Keyword stuffing. Una vecchia tecnica di Black SEO è la ripetizione eccessiva delle parole chiave all’interno di una pagina o di un articolo. Per utilizzare questa tecnica, spesso si inseriscono a caso nella pagina blocchi di testo infarciti di parole chiave.
  • Contenuti duplicati e generati automaticamente. Non dimenticare mai che stai lavorando per utenti, persone, umani, non bot. Proporre un massiccio numero di contenuti simili, cambiando solo una parola o un luogo, oppure generati automaticamente, non porta alcun valore. Google le considera pagine di scarsa qualità e gli utenti non perderanno il loro tempo leggendo contenuti banali, inutili e duplicati.
  • Cloaking. Questa tecnica prevede la pubblicazione di contenuti diversi per il motore di ricerca e per gli utenti. In pratica si cerca di posizionare una pagina con contenuti creati per Google, mentre gli utenti vengono indirizzati verso un’altra pagina. Questo naturalmente è contrario alle linee guida del motore di ricerca.
  • Pagine doorway. Vengono create delle pagine unicamente per posizionarsi sui motori di ricerca per alcune parole chiave, anche non pertinenti con l’attività del sito. Le pagine non offrono contenuti utili o addirittura non offrono contenuti, e gli utenti vengono reindirizzati altrove. Questo significa non creare alcun valore per l’utente.
  • Testo nascosto. Un’altra tecnica molto utilizzata negli scorsi anni (oggi meno) è quella di nascondere del testo nelle pagine ad esempio utilizzando lo stesso colore dello sfondo oppure utilizzando una dimensione zero del carattere. In questo modo venivano inserite parole chiave nelle pagine senza che si vedessero. Oggi l’algoritmo riesce abbastanza facilmente a individuare queste tecniche di Black Hat SEO.
  • Spinning di articoli. Questa tecnica consiste nel cambiare alcune parole o delle frasi, utilizzare sinonimi o riscrivere un testo lasciando sostanzialmente il contenuto sempre identico. Questo evita di generare contenuti duplicati ma ovviamente non porta alcun valore all’utente quindi non è visto di buon occhio da Google.

Queste sono solo alcune delle tecniche di Black Hat SEO, ne esistono molte altre sia per manipolare i contenuti che i link che gli aspetti più tecnici.

I rischi della Black Hat SEO

Se a prima vista le tecniche di Black Hat SEO potrebbero intrigare per la capacità di balzare in prima posizione con poco sforzo, fermati un attimo. I rischi di queste tecniche sono reali e non parliamo solo di posizionamento ma anche di etica, reputazione e credibilità.

Penalizzazione da parte del motore di ricerca

La prima e più importante conseguenza è il fatto che, se il motore di ricerca individua tecniche illecite, penalizzerà il tuo sito, in modo manuale o tramite i filtri e i controlli dell’algoritmo. Il sito si ritroverà quindi a scendere in SERP o addirittura potrebbe essere eliminato.

Risultati a breve termine

Gli effetti delle tecniche di Black SEO a breve termine potrebbero essere anche sorprendenti ma devi sapere che non dureranno. Google infatti potrebbe metterci più o meno tempo ma alla fine troverà il modo di scovare l’inganno e il tuo sito perderà traffico in modo repentino e importante. La stabilità è un fattore importante per Google quindi sarà poi difficile rientrare nelle sue grazie!

Non aiuta l’utente

L’obiettivo finale di qualsiasi azione SEO dovrebbe essere quella di proporre dei contenuti utili e interessanti per gli utenti. La user experience dovrebbe essere sempre al primo posto mentre con le tecniche di Black Hat SEO mirano a imbrogliare l’algoritmo non ad aiutare l’utente. Anche se arriverà tanto traffico sul tuo sito, gli utenti non resteranno, non torneranno e soprattutto non otterrai conversioni quindi essere in prima posizione ti sarà servito davvero a poco.

Non è etico e minaccia la reputazione

Se i visitatori si accorgono che vengono impiegate tecniche poco lecite o se Google ti penalizza in qualche modo, la credibilità e la reputazione del tuo brand caleranno di colpo. Mettere in atto comportamenti poco etici non è mai una buona mossa e i consumatori non lo apprezzeranno, con ricadute pesanti non solo sul tuo sito ma sul tuo brand.

Black Hat o White Hat SEO: scegli da che parte stare

Abbiamo esordito dicendo che non ti proporremo mai delle tecniche di Black Hat SEO e concludiamo l’articolo ripetendo la stessa cosa. Siamo convinti che il modo migliore per farsi apprezzare da Google sia produrre contenuti utili e interessanti per i tuoi utenti quindi qualsiasi scorciatoia che porti a creare pagine e testi pensati per il motore di ricerca non la consideriamo una buona strada.

Se stai cercando di costruire qualcosa di duraturo, se vuoi che gli utenti apprezzino il tuo brand, se vuoi ottenere conversioni e non mero traffico fine a sé stesso, stai alla larga dal lato oscuro e indossa il cappello bianco.

Noi stiamo dalla parte dei buoni! 

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Irene Bicchielli

Irene Bicchielli

COPYWRITER & CONTENT CREATOR
Curiosa ed entusiasta per natura, ama le parole, il cinema e il caffè.In perenne equilibrio tra la lucida razionalità della SEO e la creatività dello scrittore, ogni giorno racconta storie che danno voce a brand e aziende di ogni settore.

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